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Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi - Anno 2023
Matrimoni e divorzi in diminuzione, crescono le seconde nozze e le unioni civili
Nel 2023 sono stati celebrati in Italia 184.207 matrimoni, il 2,6% in meno rispetto al 2022.
I matrimoni religiosi presentano un calo consistente rispetto all’anno precedente
(-8,2%), accentuando una tendenza alla diminuzione già in atto da tempo.
Sono state celebrate 29.732 nozze con almeno uno sposo straniero (il 16,1% del totale dei matrimoni), stabili rispetto al 2022. Nei primi otto mesi del 2024 i dati provvisori indicano una nuova diminuzione dei matrimoni (-6,7%) rispetto allo stesso periodo del 2023.
Matrimoni in diminuzione
Nel 2023 i matrimoni sono stati 184.207, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-2,6%); il calo è
stato più consistente nel Mezzogiorno (-5,8%) rispetto al Nord (-0,3%), in posizione intermedia il Centro
(-1,3%).
I dati provvisori dei primi otto mesi del 2024 mettono in luce una ulteriore diminuzione (-6,7%), a
conferma di un ridimensionamento della nuzialità che negli ultimi quarant’anni non ha conosciuto soste,
al netto di alcuni momenti storici duranti i quali il numero dei matrimoni ha mostrato andamenti
altalenanti in relazione a fenomeni di tipo congiunturale.
Nel 2000, ad esempio, si rilevò un aumento dei matrimoni da collegare al desiderio di celebrare le
nozze all’inizio del nuovo millennio. All’opposto, nel triennio 2009-2011, il calo fu particolarmente
accentuato per il crollo delle nozze dei cittadini stranieri, scoraggiati dalle modifiche legislative volte a
limitare i matrimoni di comodo. Inoltre, non va dimenticata la crisi economica del 2008 il cui impatto
produsse effetti sui comportamenti nuziali delle coppie. Infine, nel 2020 si è assistito a un dimezzamento
del numero dei matrimoni per effetto della pandemia da Covid-19 (e delle sue misure di contenimento)
che ha visto molte coppie posticipare le nozze, in parte poi celebrate nel successivo biennio 2021-2022.
Nel 2023 i 139.887 primi matrimoni mostrano, se confrontati con l’anno precedente, una diminuzione
del 4,3%, più consistente rispetto a quella del totale dei matrimoni (-2,6%). Nel 2023 la quota dei primi
matrimoni rispetto al totale delle celebrazioni è pari al 75,9%, evidenziando un netto calo anche rispetto
al 79,4% del 2019 (anno in cui il numero di matrimoni totali era stato simile a quello del 2023). La
diminuzione tendenziale dei primi matrimoni, al netto delle oscillazioni di breve periodo, è strettamente
connessa alla progressiva diffusione delle libere unioni (convivenze more uxorio. Queste ultime sono
più che triplicate tra il biennio 2000-2001 e il biennio 2022-2023 (da circa 440mila a più di 1 milione e
600mila), un incremento da attribuire soprattutto alle libere unioni di celibi e nubili.
Sul piano tendenziale, uno dei motivi per il quale la primo-nuzialità in Italia arretra si deve alla
trasformazione del processo di transizione alla vita adulta. Quest’ultima oggi segue percorsi diversi
rispetto al passato, quando il motivo prevalente di uscita dal nucleo di origine era legato alla formazione
di una nuova famiglia attraverso le nozze. Secondo i dati dell’Indagine Famiglie e soggetti sociali
(2016) tra le generazioni di uomini nate tra il 1982 e il 1986 la convivenza more uxorio è preferita al
matrimonio (22,5% contro 21,8% di chi lascia la casa dei genitori entro i trent’anni); seguono le altre
motivazioni quali, per esempio, lavoro, studio e autonomia. Tra le donne, l’uscita dalla famiglia di origine
si concretizza in via preponderante tramite il matrimonio (40% tra le nate negli anni Ottanta), seguita
dalla convivenza, con percentuali via via crescenti di generazione in generazione.
Negli ultimi decenni, inoltre, il ridimensionamento numerico delle nuove generazioni, dovuto alla bassa
fecondità, che dalla metà degli anni Settanta si è sempre mantenuta ben sotto il livello di sostituzione,
sta producendo un effetto strutturale negativo sui matrimoni. Man mano che le generazioni più giovani,
meno numerose di quelle dei genitori, entrano nella fase adulta della vita si riduce la numerosità della
popolazione in età da matrimonio e, di conseguenza, anche a parità di propensione a sposarsi, cala
inesorabilmente il numero assoluto di nozze.
Sei matrimoni su 10 celebrati con rito civile
Nel 2023 il 58,9% dei matrimoni è stato celebrato con rito civile, in continuità con il valore dell’anno
precedente (56,4%) e in linea con l’aumento tendenziale osservato nel periodo pre-pandemico (52,6%
nel 2019). La quota particolarmente elevata di matrimoni civili osservata nel 2020 (71,1%) ha costituito
quindi un’eccezione, determinata dalle misure di contenimento dell’emergenza sanitaria che hanno
colpito soprattutto le celebrazioni con rito religioso.
Il rito civile è chiaramente più diffuso nelle seconde nozze (95,0%), essendo spesso una scelta
obbligata, e nei matrimoni con almeno uno sposo straniero (91,2% contro 52,7% dei matrimoni di sposi
entrambi italiani). La scelta del rito civile va però diffondendosi sempre di più anche tra i primi matrimoni
(47,5% nel 2023).
Considerando i primi matrimoni tra sposi entrambi italiani (86,1% del totale dei primi matrimoni)
l’incidenza di quelli celebrati con rito civile è del 41,0% nel 2023 (33,4% nel 2019 e 20,0% nel 2008).
La variabilità territoriale per tale tipologia di coppia è spiccata: si riscontrano incidenze di celebrazioni
con rito civile più basse nel Mezzogiorno (23,9%) e più alte nel Nord (56,1%).
La scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni (74,3%) si conferma tendenzialmente in
crescita rispetto al passato (40,9% nel 1995, 62,7% nel 2008 e 73,4% nel 2022).
Prosegue l’aumento delle seconde nozze
L’aumento dell’instabilità coniugale contribuisce alla diffusione delle seconde nozze e delle famiglie
composte da almeno una persona che abbia vissuto una precedente esperienza matrimoniale,
fenomeno che genera nuove tipologie familiari. Al tendenziale aumento di questa tipologia di matrimoni,
registrato soprattutto nel biennio 2015-2016 come conseguenza dell’introduzione nel 2015 del “divorzio
breve”, ha fatto seguito una progressiva stabilizzazione che si è protratta fino al 2019.
Nel 2023 le seconde (o successive) nozze per almeno uno degli sposi sono state 44.320, finora il valore
più alto mai registrato (la quota sul totale dei matrimoni è del 24,1%). Tale percentuale solo nel 2020
era stata più elevata (28,0%) ma tale circostanza si verificò in realtà come conseguenza di una
congiuntura sfavorevole che fece contrarre in modo più deciso i primi matrimoni e, tra questi ultimi,
quelli religiosi. L’aumento delle seconde nozze per almeno uno degli sposi è del 3,3% rispetto al 2022;
se entrambi gli sposi hanno un matrimonio precedente alle spalle l’aumento è più consistente (+7,2%).
Il 15,8% degli sposi e il 14,8% delle spose ha alle spalle un divorzio, ma tali percentuali mostrano un
andamento crescente di pari passo all’aumentare dell’età dei nubendi; il 52,2% degli sposi e il 52,8%
delle spose dai 50 anni in poi ha sciolto il proprio vincolo coniugale tramite il divorzio. Solo l’1,5% degli
sposi e lo 0,9% delle spose prima del matrimonio era vedovo; le percentuali salgono, rispettivamente,
al 6,3% e al 4,6% se si considerano sposi e spose dai 50 anni in poi.
Stabili i matrimoni con almeno uno sposo straniero
Nel 2023 sono state celebrate 29.732 nozze con almeno uno sposo straniero (il 16,1% del totale dei
matrimoni), stabili rispetto al 2022. La quota di matrimoni con almeno uno sposo straniero è
notoriamente più elevata nelle aree in cui è più radicato l’insediamento delle comunità straniere. Nel
Centro-nord un matrimonio su cinque riguarda almeno uno sposo straniero mentre nel Mezzogiorno
questa tipologia di matrimoni è pari al 9,3%. A livello regionale in cima alla graduatoria vi sono la
provincia autonoma di Bolzano/Bozen (28,9%), l’Umbria (23,7%) e la Toscana (23,4%).
I matrimoni misti (in cui uno sposo è italiano e l’altro straniero) ammontano a 21.211 e continuano a
rappresentare la parte più consistente dei matrimoni con almeno uno sposo straniero (71,3%). Quasi i
tre quarti dei matrimoni misti riguardano coppie con sposo italiano e sposa straniera (15.389, l’8,4%
delle celebrazioni a livello nazionale nel 2023). Le donne italiane che hanno scelto un partner straniero
sono 5.822, il 3,2% del totale delle spose.
La cittadinanza degli sposi nei matrimoni misti presenta diversità rispetto al genere e le ragioni di questi
diversi comportamenti nuziali vanno ricercate, verosimilmente, nei progetti migratori e nelle
caratteristiche culturali proprie delle diverse comunità, oltre che nella prevalenza maschile o femminile
delle collettività presenti in Italia. Nel 2023 gli uomini italiani hanno sposato una cittadina rumena nel
19,8% dei casi, ucraina nel 9,7%, brasiliana nel 6,1% e russa nel 5,9%. Le donne italiane hanno
contratto matrimonio più frequentemente con uno sposo di cittadinanza marocchina (11,9%) o albanese
(8,5%).
I matrimoni tra cittadini entrambi stranieri ammontano a 8.521, di questi 5.184 con almeno uno sposo
residente in Italia; i restanti 3.337 corrispondono a nozze celebrate in Italia da parte di non residenti.
Aumentano i matrimoni misti con nuovi cittadini
La possibilità di distinguere la cittadinanza degli sposi italiani, dalla nascita o per acquisizione, permette
di far luce sui comportamenti nuziali in base al background migratorio. Tra i matrimoni misti, il 14,6%
coinvolge uno sposo italiano per acquisizione; nel 2018 questa quota era esattamente la metà. Tra i
matrimoni di entrambi sposi italiani, quelli in cui almeno uno dei due è italiano per acquisizione sono il
4,5% quota più che raddoppiata rispetto al 2018.
Considerando il complesso dei matrimoni con almeno uno straniero o un italiano per acquisizione
(escludendo le coppie di entrambi italiani dalla nascita) quasi due matrimoni su 10 sono formati da
coppie con entrambi italiani di cui almeno uno per acquisizione e quasi uno su 10 da coppie miste con
italiani per acquisizione.
Il consistente aumento della presenza di italiani per acquisizione al momento del matrimonio è in linea
con un più avanzato processo di integrazione dei cittadini stranieri; sempre più matrimoni, teoricamente
misti, sono in realtà celebrati tra cittadini che alla nascita possedevano la stessa cittadinanza estera.
L’Italia si conferma meta del “Turismo matrimoniale”
L’Italia esercita una forte attrazione per numerosi cittadini residenti all’estero, soprattutto in paesi a
sviluppo economico avanzato, che scelgono il Bel Paese come luogo di celebrazione delle nozze. Nel
2023 si rilevano 3.337 nozze tra sposi entrambi stranieri e non residenti, quasi il 2% di tutti i matrimoni.
A partire dal 2020 questa tipologia di nozze (coppie di entrambi stranieri e non residenti) aveva subito
una consistente flessione a causa delle restrizioni imposte alla mobilità internazionale, passando dai
4.094 del 2019 ai 918 del 2020 (-77,6%); nel 2021 si è avviata una fase di ripresa (1.574) consolidatasi
negli anni successivi.
I matrimoni tra stranieri in cui almeno uno dei due sposi risulti residente in Italia (depurati quindi
dall’effetto del “turismo matrimoniale”) nel 2023 sono stati 5.184, stabili in valore assoluto rispetto ai
5.142 dell’anno precedente. Va ricordato che in molti casi i cittadini immigrati arrivano in Italia dopo
aver già contratto il matrimonio nel paese di origine oppure vi fanno temporaneamente ritorno per
questo scopo; un significativo numero di celebrazioni di cittadini stranieri residenti in Italia, quindi,
avviene all’estero e non rientra tra i matrimoni oggetto della rilevazione.
Ci si sposa più tardi
Il mutamento nei modelli culturali, nonché l’effetto di molteplici fattori quali l’aumento diffuso della
scolarizzazione e l’allungamento dei tempi formativi, le difficoltà nell’ingresso nel mondo del lavoro e la
condizione di precarietà del lavoro stesso hanno comportato, negli anni, una progressiva posticipazione
del calendario di uscita dalla famiglia di origine. La quota di giovani che resta nella famiglia di origine
fino alla soglia dei 35 anni è pari al 61,2%, quasi tre punti percentuali in più in circa 20 anni.
Questa protratta permanenza comporta un effetto diretto sul rinvio delle prime nozze. Tale effetto si
amplifica nei periodi di congiuntura economica sfavorevole spingendo i giovani a ritardare
ulteriormente, rispetto alle generazioni precedenti, le tappe dei percorsi verso la vita adulta, tra cui
quella della formazione di una famiglia. Sul posticipo del primo matrimonio, inoltre, incide anche la
diffusione delle convivenze prematrimoniali.
L’analisi del tasso di primo-nuzialità totale, una misura trasversale attraverso la quale si può valutare
quanti primi matrimoni siano attesi da una ipotetica generazione di 1.000 individui, consente di far luce
sui processi di formazione delle coppie, di quelle giovani in particolare. Tale indice segnala, in base a
quanto registrato nel 2023, un’intensità di 399 primi matrimoni per 1.000 uomini e 450 per 1.000 donne;
valori in diminuzione rispetto all’anno precedente (2,2 punti percentuali in meno sia per gli uomini sia
per le donne). A livello aggregato, la tendenza al rinvio porta l’età media alle prime nozze a 34,7 anni
per gli uomini (+0,1 punti rispetto all’anno precedente) e a 32,7 anni per le donne (+0,2).
Unioni civili in aumento sul 2022
Il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la Legge che ha introdotto in Italia l’istituto dell’unione civile tra
persone dello stesso sesso. Nel corso del secondo semestre 2016 si sono costituite 2.336 unioni civili,
un numero particolarmente consistente che ha riguardato coppie da tempo in attesa di ufficializzare il
proprio legame affettivo. Al boom iniziale ha fatto poi seguito una progressiva stabilizzazione.
Le 3.019 unioni civili tra coppie dello stesso sesso costituite presso gli Uffici di Stato Civile dei Comuni
italiani nel 2023 evidenziano un aumento rispetto all’anno precedente (+7,3%), ma i dati provvisori dei
primi otto mesi del 2024 delineano un calo (-2,1%) rispetto allo stesso periodo del 2023.
Si conferma anche nel 2023 la prevalenza di unioni tra uomini (1.694 unioni, il 56,1% del totale), stabili
rispetto all’anno precedente (56,7%).
Il 35,5% delle unioni civili è nel Nord-ovest, seguito dal Centro (24,3%). Tra le regioni, in testa si
posiziona la Lombardia con il 23,5%; seguono il Lazio (13,3%) e l’Emilia-Romagna (10,4%).
A livello nazionale nel 2023 si sono avute 5,1 nuove unioni civili per 100mila residenti, mentre nel
Mezzogiorno l’indicatore è all’incirca la metà. La Lombardia e l’Emilia-Romagna si collocano al primo
posto a pari merito tra le regioni (7,1 per 100mila) seguite dal Lazio (7,0) e dal Piemonte (6,9) (Figura
4).
Emerge con evidenza il ruolo attrattivo dei grandi Comuni: più di un quarto delle unioni si sono costituite
nel complesso dei 12 grandi Comuni. In testa si trova il Comune di Roma (con l’8,4%), seguito da quello
di Milano (6,8%).
Le unioni civili con almeno un partner straniero sono il 17,0%; nel Centro si attestano al 18,1%, nel
Nord al 17,4% mentre nel Mezzogiorno sono il 14,4%.
Al pari dei matrimoni, anche le unioni civili si caratterizzano per la presenza di partner con cittadinanza
italiana per acquisizione: tra le unioni miste tra partner italiano e straniero, il 14,8% coinvolge un partner
italiano per acquisizione; nel 2018 questa quota era circa un terzo. Tra le unioni di partner entrambi
italiani, quelli in cui almeno uno dei due è italiano per acquisizione sono il 4,5%; quota quasi triplicata
rispetto al 2018.
Considerando il complesso delle unioni civili con almeno uno straniero o un italiano per acquisizione
(escludendo dall’analisi le coppie di entrambi italiani dalla nascita) il 17,9% è costituito da coppie con
entrambi italiani di cui almeno uno per acquisizione e il 10,9% da coppie miste con italiani per
acquisizione.
Il report è stato sostituito in data 26 novembre 2024. Nel “prospetto 1” è stata aggiunta la nota (a).