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La povertà in epoca di pandemia

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Prima di tutto occorre fare una distinzione. È quella, doverosa, fra i concetti di povertà assoluta e povertà relativa (vd. i due termini alla voce Cosa significa  ). La povertà assoluta, infatti, si verifica quando una famiglia o un individuo non sono in grado di acquistare un insieme di beni e servizi considerato indispensabile per condurre una vita dignitosa. Quindi si calcola in relazione a un valore monetario che cambia a seconda della tipologia familiare (una famiglia di anziani non ha le stesse necessità di una famiglia con bambini) , della ripartizione geografica in cui si vive (il livello dei prezzi non è identico in tutto in Paese) e alla dimensione del comune di residenza (vivere al centro di un’area metropolitana è molto diverso dal vivere in un piccolo comune).

La condizione di povertà relativa, invece, dipende dal livello generale dei consumi. Le famiglie relativamente povere sono quelle che si trovano in una condizione di svantaggio rispetto alle altre:  una famiglia di due persone si colloca sotto la soglia di povertà quando spende per i propri consumi una cifra uguale o inferiore alla spesa media pro capite; il valore di questa  soglia viene poi ricalcolato con metodi statistici a seconda della numerosità dei componenti della famiglia, così da poter confrontare famiglie diverse. Quindi di anno in anno la soglia varia a seconda del valore della spesa media pro capite. In effetti, più che di povertà vera e propria si potrebbe parlare di disuguaglianza perché si è “poveri” in relazione alla condizione -media- degli altri.

Ma cosa è avvenuto in epoca di pandemia? L’abbiamo chiesto a Valeria de Martino e Federico Di Leo che hanno curato un report in materia

Purtroppo nel 2020 la pandemia ha avuto un evidente effetto sulle condizioni economiche delle famiglie. La condizione di povertà assoluta ha riguardato oltre cinque milioni e seicentomila individui, vale a dire il 9,4 per cento delle persone  residenti in Italia, mentre nell’anno precedente la quota era pari al  7,7 per cento. Tuttavia, è diminuita l’intensità della povertà che misura «quanto poveri sono i poveri», cioè quanto la spesa media mensile delle famiglie povere è inferiore alla linea di povertà. Questa dinamica probabilmente è dovuta sia al livello più basso di consumi nel 2020 sia agli strumenti di sostengo messi in campo e che hanno consentito alle famiglie in difficoltà economica – sia quelle scivolate sotto la soglia di povertà nel 2020, sia quelle che erano già povere – di mantenere una spesa per consumi non molto distante dalla soglia di povertà.

 

L’aumento ha riguardato sia il Centro-Nord sia il Mezzogiorno?

La povertà è aumentata ovunque, ma in misura maggiore a Nord. Nel Mezzogiorno, che mantiene comunque valori più alti di incidenza, l’aumento è stato meno significativo.

 

Come possiamo spiegare il peggioramento del Nord?

Con l’aumento dell’incidenza di povertà assoluta da parte di persone che avevano un’occupazione, sia dipendente sia indipendente. Hanno peggiorato la propria situazione soprattutto le famiglie la cui persona di riferimento risultava occupata. Mentre l’incidenza della povertà ha coinvolto di meno le famiglie con persona di riferimento pensionata. 

 

Quali tipologie familiari sono più coinvolte?

Le famiglie più numerose, quelle con più figli minori, le famiglie di stranieri o con almeno un componente straniero, le famiglie che pagano un affitto e – in misura minore- chi ha un mutuo da pagare.

 

È aumentata anche la povertà relativa?

No, è diminuita, soprattutto nel Mezzogiorno. Questo non significa che siano migliorate le condizioni di vita generali, ma che, a fronte di una riduzione dei consumi per le famiglie che spendevano di più, si è ridotto lo svantaggio o la distanza con le famiglie che spendono di meno.

 

È possibile confrontarci, in tema di povertà assoluta, con gli altri Paesi europei?

Non ancora.

 

Perché?

Perché è molto complicato definire criteri condivisi. Si può, sulla base di criteri nutrizionali, stabilire un paniere minimo di beni alimentari indispensabili, ma per le altre esigenze –  ad esempio quelle abitative – le abitudini e le necessità variano molto da Paese a Paese. Tentativi di armonizzazione sono stati fatti in passato e se ne faranno ancora. Ma al momento una reale comparabilità non esiste. Però, nelle stime del BES (ndr Benessere equo e sostenibile) sono presenti tre indicatori comparabili a livello europeo, basati su un’indagine – EU-SILC (ndr European Union Statistics on Income and Living Conditions) – che rileva reddito e condizioni di vita e che viene condotta in tutta l’Europa. Si tratta del rischio di povertà, della bassa intensità lavorativa e della grave deprivazione materiale. Dovremo aspettare i dati del 2020 per tentare un parziale confronto che superi i confini nazionali.

 

 

Per saperne di più, consulta il report completo

 

Informazioni su Le condizioni economiche delle famiglie nei Paesi europei, al 2019, sono disponibili   sulla pubblicazione web Noi Italia, (raggiungibile anche dalla voce Esplora di Dati alla mano)

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Data di pubblicazione: 24 giugno 2021