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L’acqua che abbiamo già usato

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La disponibilità di acqua sta diminuendo, lentamente ma inesorabilmente. L’annus horribilis è stato il 2022, quando la combinazione di grande caldo e scarse precipitazioni ne ha fatto registrare il minimo storico dal 1951, dimezzando la disponibilità di risorsa idrica rispetto alla media di lungo periodo 1951-2023  (dati ISPRA ).

Rispetto alla stessa media, anche il 2023 ha visto una diminuzione di disponibilità, meno pesante ma comunque pari al 18%  e questo ci fa capire che non possiamo permetterci sprechi, anche a fronte dei cambiamenti climatici che non fanno sconti e alla presenza di aree – come la Sicilia– in cui la condizione di severità idrica è attualmente “alta”.

Purtroppo, però, di sprechi ci parlano le inefficienze della nostra rete di distribuzione che disperde il 42,4% dell’acqua immessa, ma anche lo scarso utilizzo delle acque reflue urbane depurate.

Gli impianti di depurazione, in Italia, sono oltre 18mila e hanno una capienza pari a 107 milioni di abitanti equivalenti. Cosa vuol dire? L’abitante equivalente è una misura convenzionale che descrive la quantità di inquinanti organici biodegradabili che l’insieme dei nostri impianti è in grado di depurare. Al momento il carico inquinante medio effettivo che confluisce negli impianti corrisponde a circa 67 milioni di abitanti equivalenti (dato Istat 2020) e per la maggior parte viene sottoposto a trattamento di tipo avanzato, quello cioè che garantisce una migliore qualità delle acque depurate. Interessante, vero? Ma anche in tema di depurazione c’è ancora molto da fare, basti considerare che più di sei milioni e mezzo di residenti non sono allacciati  al sistema fognario.  Ma torniamo all’acqua reflua urbana depurata: quanta di questa viene effettivamente riutilizzata? Ancora troppo poca rispetto al potenziale. L’utilizzo che se ne fa in agricoltura infatti non supera il 5% e sulla stessa quantità si assesta l’uso industriale.

Se consideriamo che l’irrigazione dei nostri terreni agricoli assorbe più della metà dell’acqua totale prelevata dai corpi idrici capiamo quanto sia importante incrementare il riuso delle acque reflue. Fra l’altro, a parte l’uso irriguo e come previsto dal Decreto Ministeriale 185/2003, l’acqua depurata può essere utilizzata per molti altri scopi, ad esempio il lavaggio delle strade, l’alimentazione dei sistemi di riscaldamento, i processi industriali. Insomma, costituisce un patrimonio di cui è utile avvalersi, anche perché può consentirci di ridurre il prelievo di acqua per usi che esulano da quelli destinati alle persone e pensate quanto sia fondamentale soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, dove i periodi di scarsità idrica sono più frequenti .

Ciò detto, depurare le acque reflue urbane è comunque cosa buona e giusta per l’ambiente perché consente di reintegrare i corpi idrici e riduce l’immissione in mare di inquinanti. Nel 2021, gli oltre 10 miliardi di euro spesi per i servizi di gestione delle acque reflue (in crescita del 7% rispetto al 2020) rappresentano più del 20% delle risorse complessive destinate alla protezione dell’ambiente e cioè alla prevenzione, riduzione ed eliminazione dell’inquinamento e di ogni altra forma di degrado ambientale.

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Data di pubblicazione: 03 aprile 2024