Non lasciamoci ingannare dai termini, non stiamo parlando di questioni di cuore, ma del monitoraggio costante della fiducia dei consumatori e delle imprese.
Che tipo di fiducia? Nella situazione economica personale e nazionale, in termini generali nelle capacità di tenuta e sviluppo del proprio ménage e di quello dell’Italia.
È il monitoraggio che fa l’Istat sondando, di mese in mese, gli umori e le aspettative – ecco spiegato il termine sentiment – di due importanti componenti della società: i cittadini che consumano beni e servizi e chi li produce.
Si tratta di un tipo d’indagine diverso dal solito, anzitutto perché non rileva informazioni quantitative ma valutazioni qualitative; poi perché si basa su un campione di circa 2mila cittadini e poco meno di 8mila imprese che operano in settori diversi.
L’ampiezza del campione è ridotta rispetto allo standard delle indagini Istat, ma i metodi statistici con i quali viene selezionato garantiscono che rappresenti abbastanza bene l’insieme dei consumatori e l’insieme delle imprese. Questo consente, quindi, di produrre rapidamente, al temine di ogni mese, informazioni importanti sul clima di fiducia che si “respira” nel Paese e che non è possibile ottenere utilizzando altre fonti ufficiali.
E si tratta di informazioni utili – particolarmente utili in periodi di incertezza – sia per la tipologia sia per la frequenza con la quale vengono prodotte, perché descrivono atteggiamenti presenti e in qualche modo “predicono” comportamenti dell’immediato futuro e contribuiscono, insieme agli altri dati ufficiali, a disegnare il contesto in cui prendere decisioni e programmare azioni.
Non accade soltanto nel nostro Paese, infatti queste indagini si svolgono anche al di fuori dei nostri confini e sono armonizzate dalla Commissione Europea, consentendo di confrontarne i risultati con quelli degli altri Paesi.
Evidentemente il “sentiment” è importante in tutti i campi.
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