News Dati alla mano

Misurare la protezione dell’ambiente e la salvaguardia delle risorse naturali

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Capire l’interazione fra attività economiche e ambiente è importante, e per capire occorre misurare. Per questo, a livello internazionale sono stati creati conti satellite che integrano i conti economici nazionali e che consentono di avere una misura sia delle azioni che determinano la pressione sull’ambiente sia delle risposte messe in atto per ridurla.  Queste misure ci aiutano anche a capire se e quanto stiamo procedendo verso un modello di sviluppo ambientalmente sostenibile.

Uno dei conti satellite è quello che riguarda il settore dei beni e servizi ambientali. A Federica Battellini e Ilaria Piscitelli, che hanno curato un report su questo argomento, abbiamo chiesto in primo luogo di cosa si tratta.

Il conto dei beni e servizi ambientali ha lo scopo di fornire una stima del valore di quanto viene prodotto per proteggere l’ambiente o per gestire le risorse naturali. Da una parte, quindi, comprende ciò che serve a misurare, prevenire, ridurre o riparare l’inquinamento e il degrado ambientale; dall’altra ciò che serve a salvaguardare le risorse naturali dall’esaurimento.

Parliamo del conto delle cosiddette ecoindustrie?

Il conto satellite viene anche detto delle ecoindustrie per semplificare, ma attenzione, il termine ecoindustrie è genericamente utilizzato per indicare un segmento produttivo rilevante per l’ambiente – non identifica un comparto specifico dell’economia –  e con il conto dei beni e servizi ambientali la statistica ufficiale definisce un proprio perimetro all’interno di questo insieme. C’è poi un’altra precisazione da fare: questo conto non serve a dare “patenti green” a un’impresa piuttosto che a un’altra perché la logica è quella di prodotto e non di impresa. L’obiettivo è misurare il valore di tutti i beni e servizi realizzati per soddisfare in maniera diretta finalità ambientali o il cui utilizzo persegue una finalità ambientale, indipendentemente da chi li produce.

E che cosa ci dicono i dati?

Che il settore dei beni e servizi ambientali venduti sul mercato ha contribuito, nel 2018, al 2,1 per cento del valore aggiunto complessivo dell’economia italiana e che questa quota è stabile per tutti gli anni disponibili (2014-2018). In termini poi di valore della produzione, l’incidenza del comparto oscilla tra il 2,3 e il 2,4 per cento, sempre con riferimento agli anni 2014-2018.

Protezione dell’ambiente e gestione delle risorse, quali sono le voci che “pesano” di più in questi due campi?

Nell’ambito della protezione dell’ambiente prevalgono i servizi e, fra questi, la gestione dei rifiuti; la gestione delle risorse invece è caratterizzata dalla produzione di beni “puliti”, in particolare energia, gas e calore da fonti rinnovabili.

E l’agricoltura “green” ha un ruolo?

Certo, il settore agricolo concorre al comparto delle ecoindustrie con le produzioni biologiche ed ecocompatibili e i servizi connessi, con i prodotti energetici – ad esempio la legna da ardere – e la produzione di energia da fonti rinnovabili. Si tratta nel complesso di beni e servizi che, negli anni 2014-2018, incidono in media il 4,6 per cento sulla produzione agricola complessiva.

Nel complesso, la produzione di beni e servizi ambientali quante risorse umane impiega?

Dobbiamo parlare di unità di lavoro e non di persone perché, ad esempio, un’unità di lavoro potrebbe essere costituita da due persone che lavorano part-time. In questi termini, le unità di lavoro impiegate nel comparto delle ecoindustrie sono 428 mila, cioè l’1,8 per cento del totale occupato in Italia. Rispetto al 2014 si tratta del 9,6 per cento in più.

Oltre ad alimentare il mercato interno, i beni e servizi ambientali prodotti in Italia vengono esportati?

Sì, nel periodo 2014-2018 il valore delle esportazioni è in crescita, perché passa da 4,8 a 5,9 miliardi. Esportiamo soprattutto strumenti e apparecchiature necessari alle attività ambientali,

Qualche esempio?

L’impiantistica per produrre energia da fonti rinnovabili, materiali per l’isolamento termico, apparecchi per l’efficienza energetica, strumenti, macchinari e apparati per l’analisi degli inquinanti e per il filtraggio e la depurazione, le componenti per auto elettriche o ibride. Poi ci sono i beni cosiddetti “puliti” e si tratta di biocarburanti, apparecchiature per il risparmio energetico, produzioni agricole eco-compatibili, materiali recuperati e prodotti realizzati con materiali eco-compatibili.

Nel panorama europeo, come ci collochiamo?

Il valore aggiunto “ambientale” generato dall’Italia è tra i più alti in Europa, ma la sua incidenza sul Pil nazionale e la sua crescita sono inferiori alla media europea. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che a livello europeo le stime sui beni e servizi ambientali presentano ancora una forte eterogeneità in termini di copertura e delimitazione del settore, con conseguenti limiti nella comparabilità dei dati.

 

Per saperne di più, leggi il report completo, si trova al capitolo 5 della prima parte dell’ebook “Economia e ambiente, una lettura integrata” 

Vedi le infografiche dedicate ai conti ambientali

Data di pubblicazione: 21 giugno 2021