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Produzione industriale, un termometro per la salute dell’economia

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C’è sempre grande attenzione, ogni mese, quando l’Istat diffonde l’indice della produzione industriale. Perché è così importante?

L’abbiamo chiesto a Angela Golino, responsabile per l’Istituto della Rilevazione mensile della produzione industriale, da cui viene elaborato l’indice.

Perché è uno dei principali indicatori dell’attività economica di un paese. Misura la variazione nel tempo del volume della produzione dell’industria in senso stretto che, nelle economie moderne, è decisamente rilevante non solo per il peso nel complesso dell’economia, ma anche per la sua capacità di attivazione della produzione di altri comparti del terziario. L’indice ci aiuta a “leggere” il ciclo economico, quindi è utile per i policy maker. E poi non dimentichiamo che la produzione industriale partecipa alla misura del prodotto interno lordo (Pil).

Come avviene la Rilevazione?

È un lavoro complesso perché per ogni tipo di produzione occorre riferirsi a un’unità di misura diversa: in alcuni casi il numero dei pezzi prodotti, in altri il peso, in altri il volume, in altri ancora il valore della produzione. Perché ovviamente non si può utilizzare lo stesso criterio per chi produce vasetti di marmellata, per dire, o container. In alcuni casi – ad esempio per la produzione di navi – prendiamo come misura le ore di lavoro necessarie a completare l’opera.

Dal 2007, con il passaggio al web, l’acquisizione dei dati ha visto la drastica riduzione – fino alla scomparsa – dell’uso di fax e questionari cartacei. Infine il portale delle imprese – avviato in modo sperimentale nel 2013 e progressivamente diffuso negli anni successivi – ha contribuito in modo decisivo a questo passaggio, anche grazie al fatto che le imprese trovano sul portale diverse funzionalità, oltre alla possibilità di fornire i dati via web.

Quante sono le imprese coinvolte ogni mese?

Circa 4600, ma i flussi mensili dei dati sono molto più numerosi, perché le imprese industriali possono essere attive su diverse tipologie di produzione e noi rileviamo tutte le produzioni comprese in un “paniere” rappresentativo.  Ci sono imprese che, per il peso nella nostra economia o per la particolarità della loro produzione fanno costantemente parte del campione. Siamo loro molto grati per la collaborazione costante! Nel complesso, anche in epoca Covid le imprese hanno risposto senza grossi ritardi, un grande segnale di responsabilità.

Da quando l’Istat realizza questa rilevazione?

Dal 1928, due anni dopo la nascita dell’Istituto centrale – allora si chiamava così – di statistica. All’inizio veniva svolta in maniera episodica, si è consolidata a partire dal secondo dopoguerra. Negli anni più recenti, le metodologie che adottiamo rispondono ai regolamenti comunitari.

Attualmente le serie storiche sono disponibili sulla banca dati dell’Istituto (I.Stat) e partono dal 1990, anno dal quale sono state ricostruite serie coerenti con l’attuale classificazione delle statistiche sulle imprese.

Quindi i dati italiani sono confrontabili con quelli degli altri Paesi europei?

Certo, c’è un totale allineamento. Il dialogo con gli altri Paesi – in particolare Spagna, Germania e Francia –  è continuo per migliorare costantemente le metodologie. Poi, ogni sei mesi c’è Eurostat che verifica anche la puntualità con cui forniamo i dati.

Come riuscite a capire se vengono realizzati nuovi prodotti e se questi diventano rilevanti per l’indice mensile?

Operiamo in raccordo con i colleghi che si occupano di Prodcom, la rilevazione annuale della produzione dell’industria. Prodcom coinvolge tutte le unità locali delle imprese industriali che hanno almeno 20 addetti e un campione di quelle più piccole. Quando si affacciano al mercato nuovi prodotti li teniamo in osservazione per capire se la produzione si consolida e se può rientrare nel calcolo dell’indice. Adesso, ad esempio, stiamo monitorando la produzione nazionale di mascherine.

 

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Data di pubblicazione: 16 febbraio 2021