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Mercato del lavoro e redditi: un’analisi integrata - Anno 2023

Istat presenta in questa Focus un’analisi sul mercato del lavoro realizzata attraverso l’integrazione tra le informazioni reddituali delle famiglie (annualità 2018-2022) e i dati sullo stato occupazionale degli individui (periodo 2018-2023). Grazie all’integrazione di queste informazioni è possibile un’analisi della dinamica del mercato del lavoro in Italia per classi di reddito delle famiglie che prenda in considerazione caratteristiche individuali quali l’età, il genere, il livello di istruzione e l’area geografica.

Nel 2024 continua il trend di crescita dell’occupazione iniziato a partire dal 2021, successivamente al crollo del 2020 dovuto alla crisi pandemica: il tasso di occupazione dei 15-64enni raggiunge il 62,2% (+0,7 punti percentuali in un anno), quello di disoccupazione scende al 6,6% (-1,2 p.p.) e quello di inattività (15-64 anni) si attesta al 33,4% (+0,1 p.p.). Nel 2023 il tasso di occupazione della popolazione di 15-64 anni aumenta rispetto al 2022 dal 60,1% al 61,5% (+1,4 p.p.), mentre si riduce in modo contenuto il tasso di disoccupazione (dal 8,2% al 7,8%, -0,4 p.p.) e diminuisce il tasso di inattività (dal 34,5% al 33,3%, -1,2 p.p.).

Il tasso di occupazione, tra il 2022 e il 2023, aumenta soprattutto per le famiglie più povere (+2,7 p.p. nel primo e +2,1 p.p. nel secondo e nel terzo quinto di reddito equivalente, caratterizzati strutturalmente da tassi di occupazione più bassi). Tale aumento si associa ad una contrazione relativamente più netta rispetto alla variazione media (-0,4 p.p.) del tasso di disoccupazione (-2,4 p.p. nel primo e -1 p.p. nel secondo quinto).

Il Mezzogiorno che è caratterizzato da un tasso di occupazione più basso (48,2% nel 2023), rispetto al 2022, aumenta come il Nord-est (+1,5 p.p.). L’aumento risulta invece particolarmente consistente nel quinto più povero nel Nord-est (+ 5,6 p.p.) e al Centro (+3,9 p.p.). Nel Nord-ovest l’aumento relativamente maggiore riguarda la seconda classe di reddito (+ 2,9 p.p.) e nel Mezzogiorno quella centrale (+2,1 p.p.). In controtendenza la flessione del tasso di occupazione nel quinto più ricco del Centro (-0,5 p.p.).

Il tasso di occupazione dei giovani 25-34enni pari al 68,1% nel 2023, registra un aumento di 2 p.p. rispetto al 2022, e di ben 5 p.p. nel quinto di reddito inferiore. L’aumento più elevato fra le classi di età considerate si riscontra fra i 55-64enni (+2,3 p.p.), in particolare nel secondo quinto (+3,5 p.p.).

La differenza di genere a favore degli uomini nei tassi di occupazione è più marcata nei quinti più poveri: nel secondo quinto gli uomini hanno un tasso di occupazione pari al 66,2%, maggiore di 27,5 p.p. rispetto alle donne (38,7%) a fronte di +7,7 p.p. nell’ultimo quinto rispettivamente l’83% per gli uomini e il 75,3% per le donne).

Il divario dei tassi di occupazione tra i più e i meno istruiti cresce all’aumentare del reddito: nel quinto più povero il tasso di occupazione è il 52,2% tra chi ha un titolo universitario (maggiore di 21 p.p. rispetto ai meno istruiti) mentre nel quinto più ricco il tasso è il 90% (maggiore di 32,9 p.p.). Il recupero del tasso di occupazione rispetto al 2022 cresce all’aumentare del livello di istruzione e raggiunge +1 p.p. per chi ha un diploma o un’istruzione universitaria. Fra questi ultimi l’aumento è relativamente maggiore nel secondo quinto (+3,9 p.p.).

La quota di dipendenti a tempo indeterminato cresce all’aumentare del reddito: nel 2023, nel primo quinto, è pari al 15,8% degli individui con 15-64 anni e progressivamente sale al 57,3% nel quinto più ricco (contro il 41,2% in media). I dipendenti a termine invece sono relativamente più presenti nel secondo e nel terzo quinto (circa il 10% a fronte di un valore medio del 7,9%): la discontinuità dei rapporti di lavoro tende infatti a comprimere i redditi familiari.

I lavoratori autonomi con dipendenti costituiscono il 6% degli individui nel quinto più ricco (a fronte del 3,6% in media) mentre, se privi di dipendenti, sono maggiormente presenti nei due quinti estremi (10,3% degli individui nel più povero e 11% in quello più ricco, a fronte dell’8,8% medio), una polarizzazione determinata dall’eterogeneità dei profili professionali degli autonomi senza dipendenti.

La quota dei dipendenti a tempo indeterminato è aumentata rispetto al 2022 dal 39,8% al 41,2% (+1,4 p.p.), con un picco di +2,4 p.p. nel quinto centrale (dal 42,4% al 44,8%), mentre è diminuita lievemente quella dei dipendenti a tempo determinato dal 8,1% al 7,9% (-0,2 p.p.), con l’eccezione del quinto più povero, interessato da un incremento dal 6,8 al 8,1 (+1,3 p.p.).

Nel 2023, più di un quarto degli occupati (26,7%) si posiziona nel gruppo di professioni e attività a basso reddito, e solo il 15,2% in quello ad alto reddito, mentre la maggior parte è concentrata nel gruppo di professioni e attività a reddito medio-alto (39,6%). Considerando solo i nuovi occupati, nel 2023 il 42,7% ha trovato un’occupazione nel gruppo delle professioni e attività a basso reddito, solo il 6,9% in quelle ad alto reddito e il 28,9% in quelle del gruppo a medio-alto reddito.

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