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I centenari in Italia - Al 1° gennaio 2025
2mila centenari in più tra il 2024 e il 2025
Al 1° gennaio 2025 i centenari residenti in Italia sono 23.548 (Figura 1), oltre 2mila in più rispetto all’anno precedente quando se ne contavano 21.211; quasi l’83% è di sesso femminile. Rispetto al 1° gennaio 2009, quando erano 10.158, i centenari sono più che raddoppiati (+130%). La crescita in tale periodo non è stata sempre lineare, in particolare la flessione registrata tra il 2015 e il 2019 si deve all’ingresso tra gli ultracentenari delle generazioni venute al mondo durante il primo conflitto mondiale, di minore consistenza numerica.
All’inizio di quest’anno, i residenti con almeno 105 anni di età (semi-supercentenari) sono 724, in aumento rispetto ai 654 dell’anno precedente. L’incremento è dovuto all’ingresso di 382 individui della coorte del 1919 che hanno più che compensato i 312 decessi avvenuti nel corso del 2024.
Il rapporto di genere tra i semi-supercentenari propende ancora di più a favore delle donne: sono infatti 657 (il 90,7% del totale) contro 67 uomini (9,3%).
I cittadini che, alla stessa data, hanno compiuto almeno 110 anni (supercentenari) sono 19, due unità in meno rispetto all’anno precedente. A conferma della maggiore longevità femminile soltanto uno di essi è di sesso maschile.
A dimostrazione che sempre più persone negli anni raggiungono le età estreme della vita, tra il 2009 e il 2025 la quota relativa di individui che ha raggiunto i 105 anni sul totale della generazione di appartenenza è più che raddoppiata (Figura 2). Nello specifico, circa 20 individui ogni 100mila hanno raggiunto i 105 anni nella coorte di nascita del 1903, valore che sale a quasi 50 nella coorte del 1919. Si tratta di un’evoluzione in costante crescita, tranne un leggero calo che riguarda le coorti della Prima Guerra Mondiale, quando una natalità molto più bassa e una mortalità infantile più alta hanno fatto sì che il contingente di persone che potesse raggiungere i 105 anni di età fosse in numero minore.
Più nubili che celibi, più coniugati che coniugate tra gli over 105enni
Tra il 2009 e il 2025 sono 8.980 gli individui che hanno superato la soglia dei 105 anni di età, di cui 7.956 donne (88%) e 1.024 uomini (12%). I nomi di battesimo più diffusi sono Giuseppe tra gli uomini e Maria tra le donne, nomi legati alla tradizione religiosa che oggi assai raramente si ritrovano nelle nuove generazioni: nel 2023, ad esempio, il nome Maria è stato scelto solo per lo 0,4% delle neonate, quello di Giuseppe per l’1,3% dei nuovi nati. I semi-supercentenari sono quasi tutti nello stato civile di vedovanza (86% e 80%, rispettivamente, per donne e uomini). Le nubili sono il 12%, una quota doppia rispetto a quella dei celibi (6%); le donne coniugate rappresentano solo l’1% mentre gli uomini coniugati sono quasi il 14%, per effetto della maggiore longevità femminile che porta più frequentemente gli uomini a trascorrere gli ultimi anni della propria vita ancora con il partner.
Complessivamente, sono 222 gli individui che tra il 2009 e il 2025 hanno oltrepassato i 110 anni di età, di questi solo 17 sono uomini (8%). Al 1° gennaio 2009, 10 di essi erano in vita, mentre al 1° gennaio 2025 ne sopravvivono 19, circa il doppio, uno solo dei quali di sesso maschile.
Fino a ottobre 2025, il decano d’Italia ancora in vita si conferma, per il secondo anno consecutivo, un uomo residente in Basilicata che ha superato i 111 anni; tra le donne, la decana d’Italia, risiede in Campania e fra pochi giorni spegnerà 115 candeline.
A livello mondiale il record di superamento dei 110 anni di età è detenuto oggi, tra gli uomini, da João Marinho Neto, residente in Brasile (112 anni di età festeggiati da poco) e, per le donne, da Ethel Caterham, residente nel Regno Unito (116 anni). Si tratta di record del momento, accertati tra le persone che risultano oggi viventi, ma che in passato sono stati già abbondantemente superati: la donna più longeva al mondo, Jeanne Calment, aveva 122 anni alla data di morte nel 1997 (Prospetto 1).
Nella classifica mondiale dei primi 10 supercentenari, da quando esiste una documentazione ufficialmente riconosciuta a livello internazionale, vi sono solo donne e l’unica italiana è Emma Morano, vissuta fino a oltre 117 anni; il Giappone conta ben tre supercentenari fra le donne. Anche nella graduatoria nazionale, ci sono solo donne fra le prime posizioni e ad Emma Morano, prima nella classifica, seguono Maria Giuseppa Robucci, deceduta a 116 anni e 90 giorni, e Giuseppina Projetto, deceduta a 116 anni e 37 giorni. Tra gli uomini, il più longevo al mondo è stato il giapponese Jiroemon Kimura deceduto poche settimane dopo aver compiuto 116 anni. A livello nazionale, resiste il record di longevità maschile detenuto da Antonio Todde, deceduto alla soglia dei 113 anni. Dopo di lui, il secondo italiano più longevo è stato Giovanni Frau morto all’età di 112 anni; entrambi sono sardi sia nella nascita sia nella residenza al decesso.
La Liguria si conferma tra le regioni più longeve
I centenari in vita al 1°gennaio 2025 sono ripartiti sul territorio in maniera eterogenea. In valore assoluto la presenza più alta si registra in Lombardia (quasi 4mila), Lazio ed Emilia-Romagna (oltre 2mila per entrambe).
In termini relativi, il Molise si colloca in cima alla graduatoria, con circa 61 centenari ogni 100mila residenti. Tuttavia, a parte questa regione, tenuto conto del suo numero contenuto di centenari, una posizione preminente in termini di longevità è quella espressa dalla Liguria, la regione storicamente a più forte invecchiamento del Paese, come evidenzia anche la più elevata età media dei suoi residenti, giunta a sfiorare i 50 anni. La sua quota di centenari è pari a 59,4 per 100mila residenti al 1° gennaio 2025, davanti a quella del Friuli-Venezia Giulia (55,4) e della Toscana (49,1). Tra le province, Isernia presenta la più alta concentrazione di centenari (78,7), davanti a quella di Nuoro (65,5), di Siena e Gorizia (63,5 entrambe). Seguono tre province liguri, Imperia (61,2), Genova (61,1) e La Spezia (61,0). In Sardegna, oltre a Nuoro, anche la Provincia di Oristano presenta una concentrazione significativa di centenari (52,7, 18° in graduatoria). Nel loro insieme le due province sarde, che includono zone della Barbagia e dell’Ogliastra (la cosiddetta “Blue Zone”), testimoniano della estrema longevità sarda.
Considerando la popolazione semi-supercentenaria, quest’anno è la Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste a presentarne la maggiore concentrazione, ovvero 2,4 ogni 100mila residenti. Un risultato quello raggiunto dalla regione associato alla sua piccola dimensione demografica (circa 123mila abitanti), considerando che solo l’anno scorso figurava in fondo alla graduatoria regionale per incidenza di over-105enni. Al secondo posto, invece, ritroviamo una regione demograficamente importante come la Liguria (2,3) che precede le Marche (2,0) e la Basilicata (1,9). Con 9 over-105enni superstiti e oltre 195mila residenti totali, Nuoro presenta la più alta concentrazione di semi-supercentenari tra le province, pari a 4,6 per 100mila abitanti, seguono la Provincia di Ascoli con il 4,5 (corrispondenti anche in questo caso a 9 over 105enni superstiti) e quella di Imperia con il 3,8 (pari a 8 superstiti over 105enni).
In riferimento alla tipologia di residenza, fra i centenari predomina la quota di coloro che vive in famiglia (89% nella classe 100-104 anni; 88% fra i 105 anni e oltre) rispetto a chi risiede in una convivenza istituzionalizzata (2.598 in totale). Fra i supercentenari la quota di chi vive in famiglia sale al 91%, a suggerire che l’ambiente familiare garantisce un’assistenza più attenta e personalizzata, consentendo maggiore protezione per la salute e migliore qualità della vita.
Oltre i 105 anni di età il rischio di morte non sale esponenzialmente
Con riferimento al periodo 2009-2024, considerando tutti gli individui che hanno raggiunto e superato i 105 anni di età, si possono calcolare le probabilità di morte per singola età, rapportando i decessi raccolti nei 16 anni di rilevazione agli individui di volta in volta superstiti.
A 105 anni la probabilità di morte così sperimentalmente ottenuta è pari al 48%, ovvero quasi un individuo su due non raggiunge i 106 anni. La regola secondo la quale più aumenta l’età, maggiore sia il rischio di decesso è solo in parte rispettata, anche per effetto di talune oscillazioni casuali della curva sperimentale, soprattutto nella sua coda finale a 113-115 anni. La curva, infatti, raggiunge un massimo a 115 anni (67%) ma presenta anche un secondo massimo intermedio all’età di 109 anni (58%). Lasciando da parte tali situazioni estreme, affette da una numerosità di eventi ancora scarsa, è significativo che nel tratto che va dai 105 ai 112 anni, ben più solido sul piano del riscontro numerico, si assista a una sostanziale tenuta del rischio di morte. Un rischio che, partendo dal 48% a 105 anni, non supera mai la soglia del 60% fino ai 112, così evidenziando una quasi-costanza.
Come metro di paragone può essere utile verificare quali siano i rischi nelle età precedenti al divenire centenario. Dalle tavole di mortalità della popolazione residente, che fino ai 95 anni di età sono elaborate sulla base di dati oggettivamente rilevati (decessi e popolazione esposta a rischio), si evince un’accelerazione ben più veloce dei rischi di morte nel tratto che va dai 75 anni di età fino ai 100. Ad esempio, dalla tavola di mortalità 2016, mediamente rappresentativa del periodo 2009-2024, emerge come tra i 75 e gli 82 anni di età la probabilità di morte salga dal 2,3% al 5,2%, mentre tra gli 85 anni e i 92 passi dal 7,7% al 17,9%. In questi esempi, pur a fronte di rischi di mortalità ovviamente ben più bassi di quelli riscontrati tra i semi-supercentenari, le probabilità di morte crescono più del doppio. Addirittura, nel tratto di curva corrispondente ai 92-105 anni, che nelle tavole di mortalità è parzialmente stimato grazie a un modello demografico di chiusura di tipo logistico, il rischio di morte sale di oltre 32 punti percentuali (dal 17,8% al 50%). Nel suo prosieguo, dai 105 ai 112 anni, la curva logistica di chiusura adottata nelle tavole di mortalità 2016 continua a salire, spostandosi dal 50% al 71%, collocandosi lievemente sopra quella ottenuta sui dati sperimentali frutto della rilevazione sui semi-supercentenari. Tuttavia, l’andamento della prima è in linea con quello della seconda, presentando entrambe una evidente decelerazione del ritmo di crescita dei rischi di morte.
A loro volta, i rischi di morte messi in luce dai dati della rilevazione sui semi-supercentenari nel tratto 105-112 anni evidenziano quello che alcuni studi di longevità applicata definiscono “plateau” di mortalità, in base al quale, superati i 105 anni, sopravvivere o morire ha all’incirca la stessa probabilità di avverarsi e in maniera quasi costante, in ogni caso non esponenziale, da tale età in poi. In altre parole, in attesa di dati che consolidino il quadro nei prossimi anni, sembrerebbe giustificato concludere che una volta entrato nel collettivo dei semi-supercentenari, l’effetto selezione protegge l’individuo dall’aumento della probabilità di morte.