Popolazione e famiglie

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TUTTO È RELATIVO. PRENDI UN ULTRACENTENARIO
CHE ROMPE UNO SPECCHIO: SARÀ BEN LIETO DI SAPERE
CHE HA ANCORA SETTE ANNI DI DISGRAZIE.

(Albert Einstein)

La popolazione italiana sta rapidamente invecchiando.

Il processo di modernizzazione e di secolarizzazione sociale da un lato e il progresso medico-scientifico dall’altro, negli ultimi decenni hanno profondamente inciso sulle due principali determinanti demografiche della crescita della popolazione (o della sua decrescita): fecondità e mortalità.

La persistenza del tasso di fecondità ben al di sotto della soglia naturale di sostituzione (2,1 figli per donna) e il raggiungimento di traguardi un tempo insperati della speranza di vita per le donne e per gli uomini, fanno dell’Italia uno dei Paesi con il più alto indice di vecchiaia al mondo.

Popolazione e famiglie in un flash

Indicatore Anno Valore Var. % sul 2005
Età media della popolazione 2015 44,4 +4,5
Numero medio di figli per donna 2015 1,35 +0,7
Indice di vecchiaia 2015 157,7 +14,2
Indice di dipendenza degli anziani 2015 33,7 +14,6
Speranza di vita alla nascita – maschi 2015 80,1 +2,6
Speranza di vita alla nascita – femmine 2015 84,7 +1,4
Speranza di vita a 65 anni – maschi 2015 18,7 +7,5
Speranza di vita a 65 anni – femmine 2015 22,0 +4,3

Per leggere meglio le determinanti e le implicazioni demografiche dell’invecchiamento della popolazione, viene offerta una lettura sistematizzata – attraverso dati, grafici e documenti di approfondimento – di tre dimensioni di analisi:

Struttura e dinamica demografica

Come negli altri Paesi a sviluppo avanzato, l’Italia si presenta oggi con una struttura per età fortemente squilibrata.

Se già nel 2005 la popolazione con 65 anni e più (19,5%) supera di 5 punti percentuali la popolazione fra 0 e 14 anni (14,1%), nel successivo decennio tale gap si accentua: nel 2015 le persone con 65 anni e più costituiscono il 21,7% della popolazione e quelle fra 0 e 14 anni il 13,8%.

L’Italia sconta un crescente “debito demografico” nei confronti delle generazioni future in termini di sostenibilità (previdenza, spesa sanitaria, assistenza, welfare): in appena un decennio, l’indice di dipendenza degli anziani passa dal 29,4 del 2005 al 33,7 del 2015 (+14,6%); l’indice di vecchiaia cresce da 138,1 anziani ogni 100 giovani di 0-14 anni del 2005 al 157,7 del 2015 (+14,2%).

La presenza di una quota estremamente significativa di persone nelle età più avanzate della vita è dovuta principalmente all’innalzamento dei livelli di sopravvivenza e alla riduzione della fecondità.

Riguardo l’innalzamento della sopravvivenza:

  • in appena un secolo la speranza di vita alla nascita è più che raddoppiata, e oggi (2015) le donne possono contare su un’aspettativa di vita di 84,7 anni e gli uomini di 80,1;
  • il continuo spostamento del livello di sopravvivenza negli ultimi dieci anni è stato in particolare determinato dalla riduzione della mortalità nelle età senili: nel 2015 la speranza di vita a 65 anni si attesta infatti a 22,0 anni per le donne e a 18,7 anni per gli uomini;
  • il percorso d’incremento della sopravvivenza è stato omogeneo fra le regioni, pur persistendo importanti differenze territoriali.

Riguardo la bassa fecondità:

  • l’incoraggiante trend di crescita e parziale recupero della natalità e della fecondità registrato dal 1999, con una riproduttività nazionale transitata da 1,23 figli per donna a 1,45 nel 2008, si è poi interrotto in coincidenza della deflagrazione della crisi economico-finanziaria;
  • anche il tasso di fecondità delle donne con cittadinanza straniera si attesta oggi (2014) al di sotto della soglia di sostituzione (1,97 figli per donna);
  • le donne in età feconda continuano a posticipare e a comprimere il loro calendario riproduttivo, con un’età media al parto che nel 2015 ha raggiunto i 31,6 anni;
  • le coorti di donne in età feconda sono sempre più numerose;
  • le regioni meridionali, un tempo roccaforti della fecondità, negli ultimi 20 anni sono state anch’esse incessantemente interessate dal declino della fecondità.

Tali elementi comportano un costante aumento dell’età media della popolazione, nel 2015 pari a 44,4 anni (42,5 anni nel 2005).

Previsioni demografiche

La popolazione italiana è destinata ad invecchiare: è questo lo scenario centrale delle previsioni demografiche con orizzonte ultimo l’anno 2065.

Nell’ottica di un sistema demografico interconnesso, le previste tendenze evolutive della fecondità, della mortalità e dei movimenti migratori anticipano infatti una struttura per età della popolazione sempre più lontana da quella rappresentazione grafica a “piramide” tanto cara ai demografi che in passato osservavano popolazioni con basi larghe (alti tassi di natalità) e vertici stretti (alti tassi di mortalità in età avanzate).

La longevità crescente e la riproduttività sotto la soglia di sostituzione delle generazioni sono ormai da decenni le determinanti di una riconfigurazione della struttura per età della popolazione italiana ad “anfora” prima (per il progressivo invecchiamento delle generazioni del baby boom), “rettangolare” poi e a “piramide rovesciata” in un futuro a medio e lungo termine, in vista di un ulteriore e progressivo sbilanciamento in favore delle età più anziane.

L’invecchiamento della popolazione, quale tratto caratteristico della dinamica demografica dei decenni a venire può essere opportunamente colto grazie alla lettura di alcuni indicatori molto performanti:

  • la popolazione residente in Italia attesa per il prossimo futuro sarà caratterizzata da una composizione per età significativamente invecchiata: se nel 2015 le persone fra 0 e 14 anni rappresentano il 13,8% della popolazione, nel 2065 (secondo lo scenario centrale) si attesteranno al 12,7%. La popolazione di 65 anni e più, di converso, fra il 2015 e il 2065 crescerà dal 21,7% al 32,6%. La popolazione di 85 anni e più, ancora, che nel 2015 rappresenta il 3,2% della popolazione, nel 2065 si dovrebbe attestare al 10,0%. La popolazione in età attiva (fra i 15 e i 64 anni), infine, si contrarrà dal 64,6% del 2015 al 54,7% del 2065
  • il rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione in età attiva fra i 15 e i 64 anni (l’indice di dipendenza degli anziani), nel 2015 pari al 33,7%, raggiungerà il 37,9% già nel 2025 e il 59,7% nel 2065, serrando con forza ancora maggiore i nodi tuttora non sciolti della sostenibilità del Sistema Paese
  • l’indice di vecchiaia della popolazione, ossia il rapporto di composizione tra la popolazione anziana (65 anni e oltre) e la popolazione più giovane (0-14 anni), tra il 2015 e il 2065 si incrementerà da 157,7 a 257,9. Tale indicatore verrà sospinto verso l’alto, nei prossimi decenni, dalla variazione in senso opposto del numeratore e del denominatore, esaltando l’effetto dell’invecchiamento della popolazione
  • anche l’età media della popolazione subirà un ulteriore incremento nell’arco temporale previsionale considerato, passando dai 44,4 anni del 2015 agli attesi 49,7 al 2065
  • la speranza di vita alla nascita e la speranza di vita a 65 anni, che già hanno raggiunto livelli altissimi in termini assoluti e comparativi, continueranno a crescere ancora nei prossimi cinquanta anni. La speranza di vita alla nascita delle donne passerà dagli 85 anni del 2014 agli attesi 91,5 del 2065 (+7,6%), mentre quella degli uomini da 80,3 anni a 86,6 (+7,8%). La speranza di vita a 65 anni passerà da 22,3 anni a 27,6 per le donne (+23,7%) e da 18,9 a 23,5 per gli uomini (+24,3%).

Contesto e forme familiari

Nel corso dei secoli la “famiglia” è stata investita di trasformazioni radicali – oggi particolarmente accelerate – che l’hanno ridefinita sociologicamente e rivoluzionata statisticamente in termini di incidenza delle diverse forme familiari.

La complessa matrice causale – biologica, demografica, economica, sociale, culturale – che sta rimodellando la struttura della popolazione italiana, sta specularmente anche riconfigurando la sua articolazione in famiglie.

L’aggregazione familiare assume infatti in ogni epoca storica una valenza e una composizione dei legami originale, determinata tanto dalle dinamiche intersoggettive delle persone coinvolte (ricontrattazione dei ruoli di genere, di generazione e di relazione intra- ed extrafamiliare), quanto dalle dinamiche dei sottosistemi di appartenenza e di riferimento (evoluzione del contesto sociale, politico, economico, culturale).

Così se i processi di ridefinizione di ruoli sociali e identitari di genere oltre che le evoluzioni biologiche in termini di aspettativa di vita hanno rappresentato definitivo volano per il completamento della prima transizione demografica intorno agli anni ’80,  una diversa sequenza e durata delle varie tappe di formazione della famiglia – dalla chiusura del ciclo formativo all’ingresso nel mondo del lavoro, dall’abbandono della casa dei genitori per contrarre matrimonio all’avere figli – anche in risposta alla perdurante congiuntura economica negativa, hanno consegnato l’Italia ad una seconda transizione demografica che scardina la visione della  famiglia così come l’abbiamo potuta fino ad oggi osservare.

L’impatto congiunto dei processi di (de)nuclearizzazione, polverizzazione e allungamento delle famiglie hanno determinato, infatti, nel corso dei decenni, una convergenza delle famiglie italiane da una struttura ad arcipelago – famiglie plurinucleari e plurigenerazionali – ad una struttura ad atollo – famiglie mononucleari o denuclearizzate e monogenerazionali.

Le persone anziane vivono così oggi in contesti familiari caratterizzati:

  • dalla presenza maggioritaria di “coppie senza figli” fino alla soglia degli 84 anni: è così per il 48,0% delle persone fra i 65 e i 74 anni, per il 40,4% delle persone fra i 75 e gli 84 anni
  • da una significativa presenza (19,9%) di famiglie con coppia fra i 65 e i 74 anni in cui sono ancora presenti figli non ancora usciti dal nucleo genitoriale.
  • da famiglie con tutti anziani: dal 21,9% del 2003 al 23,9% del 2012-2013 per le famiglie di 65+ e dal 10,4% del 2003 al 12,7% del 2012-2013 per le famiglie di 75+
  • da una notevole percentuale di famiglie composte da “persone sole”: il 48,7% delle famiglie composte da persone sole sono anziani di 65 anni e più, di cui il 17,0% delle persone ha un’età compresa fra i 65 e i 74 anni; il 20,7% delle persone fra i 75 e gli 84 anni; l’11,1% persone con più di 85 anni
  • dalla condizione prevalente di “persona sola” dopo gli 84 anni: è così per il 52,2% delle persone con 85 anni e più
  • da un accentuato gap di genere nell’esperienza della solitudine in età avanzata:
    • fra gli uomini la percentuale di persone sole di 65 anni e più è del 30,0%, mentre fra le donne raggiunge il 62,5% (gap di genere di 32,5 punti percentuali);
    • Le donne vivono una straripante esperienza della vedovanza: l’83,5% delle persone vedove fra i 65 e gli 89 anni sono donne.