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Comunicato stampa

Discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ (in unione civile o già in unione) - Anni 2020-2021

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Istat e UNAR presentano i principali risultati della rilevazione condotta nel 2020-2021 sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ rivolta alle persone in unione civile o che si sono unite civilmente in passato (ma che non lo sono più per scioglimento dell’unione civile o per decesso del partner).

Sono oltre 20 mila, pari al 95,2% del totale, le persone in unione civile o già in unione che vivono in Italia e dichiarano un orientamento omosessuale o bisessuale. Per il restante 4,8%, lo 0,2% dichiara un orientamento asessuale, l’1,3% un altro orientamento, la quota restante preferisce non rispondere.

Tra quanti dichiarano un orientamento omosessuale o bisessuale e sono occupate o ex-occupate, il 26% dichiara che il proprio orientamento ha rappresentato uno svantaggio nel corso della propria vita lavorativa in almeno uno dei tre ambiti considerati (carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, reddito e retribuzione).

La stragrande maggioranza delle persone omosessuali o bisessuali (in unione civile o già in unione), occupate attualmente o in passato, dichiara che il proprio orientamento sessuale è o era noto almeno a una parte delle persone del proprio ambiente lavorativo (92,5%), con un’incidenza minore tra le persone bisessuali (l’86,2%).

Tuttavia, il 40,3% riferisce, in relazione all’attuale (per gli occupati) o ultimo lavoro svolto (per gli ex-occupati), di aver evitato di parlare della vita privata per tenere nascosto il proprio orientamento sessuale (41,5% tra le donne, 39,7% tra gli uomini). Una persona su cinque afferma di aver evitato di frequentare persone dell’ambiente lavorativo nel tempo libero per non rischiare di rivelare il proprio orientamento sessuale.

Circa sei persone su dieci hanno sperimentato almeno una micro-aggressione, tra quelle rilevate, nell’attuale (per gli occupati) o ultimo lavoro svolto (per gli ex-occupati). Per micro-aggressione si intendono brevi interscambi ripetuti che inviano messaggi denigratori ad alcuni individui in quanto facenti parte di un gruppo, insulti sottili diretti alle persone spesso in modo automatico o inconscio. La più diffusa è “aver sentito qualcuno definire una persona come frocio o usare in modo dispregiativo le espressioni lesbica, è da gay o simili”.

Relativamente alle discriminazioni subite e ascrivibili a una pluralità di caratteristiche (es. origini straniere, condizione di salute, convinzioni religiose o idee politiche, genere, orientamento sessuale etc.), una persona su tre, tra le persone omosessuali e bisessuali in unione civile o già in unione che vivono in Italia, dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione mentre cercava lavoro. Circa una persona su cinque, occupata o ex-occupata in Italia, afferma di aver vissuto almeno un evento di clima ostile o aggressione nel proprio ambiente di lavoro. Con riferimento ai soli dipendenti o ex-dipendenti, il 34,5% riferisce di aver subito almeno un evento di discriminazione, tra quelli rilevati, durante lo svolgimento del proprio lavoro (attuale per i dipendenti, ultimo lavoro svolto per gli ex-dipendenti).

La percentuale di coloro che dichiarano di aver subito, nell’ambito dell’attuale o ultimo lavoro un’aggressione fisica, non necessariamente ricondotta dal rispondente a motivi legati all’orientamento sessuale, da persone dell’ambiente lavorativo è dell’1,1% sul totale degli occupati o ex-occupati.

Quasi una persona omosessuale o bisessuale su due (46,9%) dichiara di aver subito almeno un evento di discriminazione a scuola/università.

Passando ad altri ambiti di vita il 38,2% delle persone in unione civile o già in unione che si sono definiti omosessuali o bisessuali e che vivono abitualmente in Italia, dichiara di aver subito, per motivi legati al proprio orientamento sessuale, almeno un episodio di discriminazione in altri contesti di vita (ricerca casa, rapporti di vicinato, fruizione servizi socio-sanitari, uffici pubblici uffici pubblici, mezzi di trasporto negozi o altri locali).

Oltre il 68,2% ha dichiarato che è capitato di evitare di tenere per mano in pubblico un partner dello stesso sesso per paura di essere aggredito, minacciato o molestato. Il 52,7% di esprimere il proprio orientamento sessuale per paura di essere aggredito, minacciato o molestato.

Con riferimento agli ultimi tre anni, l’incidenza di chi ha affermato di aver subito minacce, per motivi legati all’orientamento sessuale, escludendo episodi avvenuti in ambito lavorativo, è pari al 3,9%; le aggressioni di tipo violento vengono segnalate invece dal 3,1%. Le offese legate all’orientamento sessuale ricevute via web sono riportate dal 13% delle persone omosessuali e bisessuali in unione civile o già in unione che vivono in Italia.

Nota del 30/06/2022Il giorno 30 giugno 2022 alle ore 16:25 è stato sostituito il Testo integrale, poiché alla fine del primo capoverso di pagina 3 è stata corretta come segue la precedente stesura: “l’8,4% ha figli conviventi (il 19,9% tra le lesbiche e il 26% tra le donne bisessuali, contro valori prossimi al 2% per gli uomini). L’incidenza scende al 7,5% se si considerano solo i figli minori”.
Infatti l’incidenza scende al 7,5% e non al 7,7% come precedentemente riportato e i dati si riferiscono solo a chi ha figli conviventi.
Per chiarezza a p.11 è stato aggiunto “anche non conviventi” dopo “A coloro che hanno figli (biologici e non)” .

Periodo di riferimento: Anni 2020-2021

Data di pubblicazione: 24 marzo 2022

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